La profonda inquietudine dell'ultima moda su TikTok
Giuliana Florio è diventata famosissima accettando di trasformarsi in un oggetto virtuale. E se fosse solo l'inizio di un'altra deriva? Quanto saresti disposto a compromettere per diventare ricco?
Cari amici dell'orso Bruno,
Ultimamente mi sono reso conto che il momento più bello della mia settimana è quello in cui decido finalmente l'argomento della newsletter. A volte qualcosa lo coltivo per giorni, altre invece è un'ispirazione istantanea – un flash, di cui talvolta mi pento quando ormai è troppo tardi. Altre volte accetto i consigli di chi mi frequenta (come è successo in questo caso).
Nel suo ultimo libro, David Sedaris dà una definizione che mi sembra particolarmente azzeccata.
«Io non faccio niente se poi non posso scriverne. Sarebbe come… farmi quindici chilometri a piedi senza il mio Fitbit al polso: una totale perdita di tempo. Cioè, faccio anche cose di cui poi non scrivo, tipo andare in bagno o fare sesso, ma in quei casi cerco di sbrigarmi»
Relax
Il problema è che io non sono David Sedaris, come certifica il mio conto in banca. E gran parte delle cose che avrebbe senso raccontare qui non lo posso fare, o quanto meno non ora. Sull'interesse pubblico del resto, invece, ho qualche dubbio.
Per esempio, giovedì mattina ho fatto l'igiene dentale e mi sono sentito come se fossi la copertina dell'ultimo album di Calcutta. Per un attimo - mentre l'igienista mi toccava un nervo che mi scuoteva come un terremoto - mi sono chiesto se potessi fare una newsletter sulla tortura legalizzata che sono le pratiche odontoiatriche. Ma poi mi sono sorriso allo specchio e ho pensato che parlare male di una cosa che mi ha fatto bene non è propriamente un segno di grande intelligenza.
Ieri mattina ho fatto un prelievo per le analisi del sangue e nel tempo infinito in cui cercavo di non svenire ho avuto mille idee. Ma poi devono essere finite fuori dal mio braccio, raccolte nelle provette con litri di sangue che invieranno nel laboratorio.
Si certificano un eccesso di trigliceridi, poca vitamina D e livelli pericolosi di mitomania.
Farsi un ictus
Il fatto è che mi succede spesso di dire «questo potrei metterlo nella newsletter», ma poi dico anche «forse no». Servirebbe che mi capitasse qualcosa di davvero eclatante per darmi più visibilità. Potrei rapinare una banca, ma credo che non si possa usare internet in carcere. Dovrei programmare le newsletter prima e suonerebbero un po' false. (Anche perché tutto quello che scrivo di me nelle newsletter è vero, anche se ai miei amici dico il contrario).
Chiara Galeazzi ha avuto un ictus a 34 anni, che è per definizione un'esperienza notevole. E difatti ci ha scritto sopra un libro, Poverina (Blackie edizioni). Che inizia così:
«Gli ictus, come i figli, è meglio averli da giovani.
Non sono io a dirlo, non mi permetterei mai di sindacare su cosa fa la gente coi propri organi, tutti quanti, in qualsiasi momento della vita. Sono entrambe frasi che ho sentito dire.Quella sui figli me la disse un collega, e per essere precisi concluse la frase dicendo che una donna a trent'anni era troppo vecchia per avere figli. Me lo disse quando di anni ne avevo 29, lasciandomi così una manciata di mesi per creare le condizioni ideali per mettere al mondo un pargolo, condizioni che prevedevano innanzitutto la voglia di averlo. A 34 anni la voglia era ancora assente, ma tanto ormai per quel mio collega potevo anche smettere di sperarci: ero vecchia, e i figli è meglio averli da giovani.
Per un ictus invece a 34 anni sei giovanissima. Me lo dicevano di continuo neurologi, fisiatri, infermieri, oss: «sei giovane», «il tuo cervello è giovane», «i tuoi neuroni sono giovani», «che fortuna che l'hai avuto da giovane perché chi è giovane può recuperare più facilmente».
Attorno a me, inoltre, avevo solo persone dai 65 anni in su che, quando non avevano problemi cognitivi, non facevano altro che dirmi: «Come sei giovane!». A furia di sentirmelo dire, finii per crederci.
Non è un trattamento anti-age dei più rapidi, va detto: richiede di stare quasi due mesi in ospedale, smettere di far funzionare un lato del proprio corpo, non avere nessuna forma di indipendenza o privacy, provocare un terrore costante nei tuoi cari anche quando non ce n'è motivo. Il filler è certamente più rapido, ma almeno quando la gente viene a sapere che ti sei fatta un ictus non pensa che sei vanesio, ma dirà comunque: «Sei così giovane!».
Npc
Ecco, lei ovviamente l'ictus non se lo è scelto, e la mia parte ipocondriaca dice che non è questa la strada che voglio percorrere per far crescere questa newsletter. Anche perché – se già mi lamento per un'igiene dentale o un prelievo di sangue – chissà cosa potrei scrivere per "qualcosa di più". E poi non mi piace sfidare il karma su questioni di salute.
Eppure io ci scherzo, ma il tema sul "cosa sei disposto a fare" per farti notare è di estrema attualità. Forse lo è sempre stato, ma il punto è che il confine si sta spostando ancora più in là per via di certe dinamiche dei social network.
Solo partendo da questo contesto si può capire una nuova moda, che in realtà è per molti aspetti difficilissima da capire e spiegare. Si chiama Npc, si è diffusa su TikTok e la massima interprete italiana si chiama Giuliana Florio.
Questa newsletter cercherà in qualche modo di trovare in senso in una nuova follia collettiva, nel caso vi dovesse capitare di scoprirla come è capitato a me e a chi mi frequenta.
The artist is present
Facciamo un passo indietro e cerchiamo di portare la questione su un terreno di conoscenza un po' più comune. Avete presente Marina Abramović? L'artista serba delle performance, quella che nel 2010 rimase per ore seduta su una sedia al Moma di New York?
L'opera si chiamava The artist is present. Lei rimaneva seduta in silenzio di fronte a una sedia vuota, che via via veniva occupata dai visitatori. A un certo punto è sbucato pure il suo ex.
In un certo senso, si era trasformata lei stessa in un oggetto d'arte. Le persone che si sedevano di fronte a lei assumevano così il controllo dell'espressione artistica. Era ancora più evidente come un'opera d'arte nascesse da una relazione diretta con il fruitore.
Una pistola carica
Ma c'è una performance forse ancora più impattante. Si chiama Rhytm 0, è andata in scena nel 1974 alla galleria studio Morra di Napoli. Per sei ore, Abramović aveva promesso di diventare un oggetto, che sarebbe rimasto esposto all'uso del pubblico. Su un tavolo erano stati messi a disposizione altri 72 oggetti, alcuni per procurare piacere e altri dolore. C'erano un dolce e un cucchiaio, dell'acqua e dell'alcool, una rosa e del pane. E sì, c'era anche una pistola caricata con un proiettile.
L'artista aveva dichiarato che si sarebbe presa la responsabilità di tutto quello che sarebbe successo. Il pubblico avrebbe potuto decidere di fare qualsiasi cosa di lei. Anche di ucciderla.
Il branco
Nelle prime ore non è successo nulla di rilevante; le persone l'hanno osservata con curiosità e hanno interagito con lei mantenendo una certa educazione. Poi però hanno capito che l'esibizione era autentica: Abramović era decisa a mantenere la promessa. Le regole di una qualsiasi convivenza sociale non si applicavano a lei, essendo diventata un oggetto.
Così il pubblico – trasformato in un branco indefinito – ha iniziato a spogliarla, a deriderla, a ferirla, a conficcarle nello stomaco le spine della rosa, a procurarle dei tagli e a succhiarle il sangue delle ferite. Quando qualcuno le ha puntato addosso la pistola carica, è intervenuto il gallerista per buttare via l'arma. Forse qualcuno avrebbe sparato davvero.
Finite le sei ore, come previsto, l'artista è tornata una persona. Ha cercato di affrontare il pubblico, ma quasi tutti sono fuggiti, rendendosi conto che era venuta meno la protezione del branco. Abramović ha raccontato di essersi sentita violata: «Quello che ho imparato è che se ti affidi e ti abbandoni al pubblico, loro possono arrivare a ucciderti».
Chi è Giuliana Florio
La sigla Npc significa "Non-Player Character", ovvero "personaggio non giocatore". È una sigla presa dai videogiochi, dove ci sono appunto alcuni personaggi che non possono essere utilizzati. In questi casi, molte volte queste figure sono semplicemente degli orpelli nel paesaggio, compiono operazioni ripetitive, e interagiscono in maniera limitata con tutto ciò che li circonda.
Ebbene, su TikTok ci sono persone che hanno deciso di trasformarsi in Npc. Ovvero, di perdere completamente la propria personalità, di diventare degli oggetti "virtuali" per le persone che li seguono.
Giuliana Florio, una giovanissima ragazza di Napoli che vive ad Amsterdam, fa esattamente questo. Interagisce con le persone che la vedono in diretta ripetendo sempre le stesse frasi. Gli spettatori possono fare dei regali "virtuali" (a cui corrispondono soldi reali), per far dire una o l'altra frase.
Per cercare di rendere la cosa un po' più comprensibile, in sostanza è come se questa ragazza fosse diventata un jukebox umano. Inserendo una moneta virtuale, lei dirà la frase che vuoi farle dire. E basta. Così, per ore, in una ripetizione continua di movimenti, espressioni facciali e slogan.
Diventare un oggetto
Mentre sto scrivendo questa newsletter, Giuliana Florio si avvicina ai 400mila seguaci su TikTok. Ma sono molte di più le persone che si imbattono in lei per caso: praticamente tutti quelli che hanno usato questo social in Italia nei giorni scorsi. Ovviamente è capitato anche a me.
Con un filo di inquietudine, mi sono chiesto come fosse possibile che una persona così fosse diventata tanto famosa. La risposta più ovvia è che si tratta solo di una moda, destinata a scomparire prima di Natale (ricordate il corsivo?). È probabilmente vero, ma non può essere solamente questo.
Poi mi è tornata in mente Marina Abramović.
Esattamente come lei, Giuliana Florio ha deciso di trasformarsi in un oggetto. E le persone hanno iniziato a impugnare lo smartphone come se fosse una pistola caricata con un proiettile. Il branco ha sentito la stessa scarica di dopamina che dà il potere e la possibilità di controllare le altre persone. Tutto questo ha un effetto ipnotizzante e rivela la natura animale degli uomini.
Non sto dicendo che anche questa sia una forma d'arte. Anzi, al contrario: è l'epifania di quello che l'arte aveva in un certo modo anticipato. Solo che vederlo sullo schermo di un cellulare, con il rischio che contagi anche dei ragazzini fragili, è forse la cosa che più mi ha inquietato da quando cerco di capire e spiegare le mode sui social network.
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Compromessi
Giuliana Florio mi sembra molto consapevole. Credo che ci metta anche un carico di (auto)ironia in quello che fa. Soprattutto, ha trovato un modo tutto sommato semplice per fare molti soldi. Ha solo dovuto rinunciare alla propria reputazione. In fondo, come mi ripeto sul finire di ogni mese, prima che mi arrivi lo stipendio, chi sono io per giudicare come gli altri hanno deciso di pagare le loro bollette? Soprattutto se guadagnano più di me.
Però su TikTok mi sono imbattuto in altre persone che fanno esattamente quello che fa lei. In particolare, ho visto una donna intorno ai cinquant'anni, che nello sguardo non mi pareva avesse la gioia un po' sfacciata di Florio, ma una sottile forma di disperazione.
Così mi sono convinto che questa non sia soltanto un'innocente pratica di intrattenimento, ma una forma di anticipazione di quello che potrebbe succedere nel futuro. E allora ho pensato a Squid game, forse la serie tv più famosa di Netflix.
Il protagonista – pur di guadagnare un po' di soldi – accetta di partecipare a un concorso a premi, mettendo in palio la propria vita: chi viene eliminato, viene ucciso.
Quale sarà il prossimo limite che verrà infranto su TikTok, pur di diventare più famosi? E voi cosa sareste disposti ad accettare, pur di farvi notare? Pur di diventare ricchi? Pur di avere una rendita da offrire alla vostra famiglia? Sareste disposti a rinunciare alla vostra umanità? Diventereste anche voi un oggetto?
Per questo episodio è tutto,
L'orso Bruno torna fra una settimana
Daniele
Ma no, Daniele! È che il tutto si è combinato con le mie carotidi, ora libere. Mi chiedo se diverrrò più inteligente con tutto questo sangue al cervello! Senti, facciamo un patto: con me non giustificarti mai. ti leggo volentieri, comunque.
Tralascio la seconda parte perchè sono stata dimessa oggi proprio per evitare un ictus. Mi hanno pulito l'anno scorso la carotide di destra e ora quella di sinistra.