I miei primi sei mesi da freelance
Quando qualcuno mi chiede «come sta andando?», mi viene da pensare sempre al fatturato. Ma la vera risposta che dovrei dare è un'altra…
Cari amici dell’orso Bruno,
Ad un certo punto ho iniziato a camminare. Non è che avessi un posto dove andare, semmai un posto dove tornare. Ma avevo mille motivi per mettermi in moto e forse i più semplici da elencare sono quelli legati alla salute. Da qualche tempo ogni consulto medico dettato dall’ipocondria si concludeva con le stesse parole: «Dovresti mangiare un po’ meglio e fare dello sport».
I primi tempi, quando ancora lavoravo a Roma, pensavo che mi bastasse la mezz’ora di passeggiata che facevo al mattino per andare al lavoro. Mentre camminavo, mi sparavo nelle orecchie della musica pop-punk che mi aiutava ad arrivare in redazione già incazzato da casa, ma senza esagerare.
Poi mi fermavo al Mc Donald’s su via Nazionale, a pochi passi da piazza della Repubblica. Ordinavo un caffè e una brioche alla cioccolata, che però a Roma – per distinguersi, perché una volta loro erano un impero ecc ecc – chiamano “cornetto al cacao”. Lo facevo perché si poteva ordinare su un grande schermo col touch screen e così non avevo neanche bisogno di parlare con qualcuno. Poi un cameriere urlava qualcosa del tipo «numero 98, namber naintieirt, espresso e cornetto cacaoOOoOOo» e io rispondevo: «sono io».
Per qualche mese mi svegliavo e stavo zitto per ore, poi le mie prime parole erano sempre «Sono io». Se dovevo essere un numero, aveva senso che fossi quello dello scontrino del McDonald’s. Chiamatemi mister naintieirt, espresso e cornetto al cacao.
Il problema
Non sono un grande esperto di calorie e diete, ma credo che il mio stile di vita di allora si potesse tradurre in un problema di matematica.
Il signor Erler brucia x calorie mentre zampetta costeggiando i binari di un tram e stando attento a non cadere in una buca. Lo stesso signor Erler ingurgita y calorie nel suo primo pasto del mattino. A cui seguiranno altri pasti durante tutto il giorno, non appena calerà l’effetto dopante dello zucchero, fino a rendere y una potenza del valore iniziale.
Nel resto della giornata, il signor Erler continuerà a bruciare calorie, per effetto del vorticoso giramento di palle della sua giornata lavorativa. Ma questo movimento – per quanto ellittico e costante – non sarà mai sufficiente a compensare la quantità di zuccheri ingurgitati alle macchinette.
Considerando tutto questo, si evince che x sarà sempre infinitamente inferiore a y. Tutto il grasso non bruciato si accumulerà sul fegato del signor Erler, causandone – come volevasi dimostrare – la steatosi epatica e il reflusso gastroesofageo.
«Dottore, io giuro che mi muovo. Tutte le mattine vado al lavoro a piedi. Cioè… “tutte le volte” che non prendo la metropolitana, intendo. Ma anche dentro la metropolitana cammino per trovare uno scampolo di ossigeno. Davvero non basta? Che cazzo devo fare, dottore, la Roma Half maraton?».
Il Decathlon
Sono passati sei mesi da quando mi sono licenziato, ho lasciato Roma e il mio posto a tempo indeterminato per iniziare una nuova vita da libero professionista. Quando qualcuno mi chiede «come sta andando?», mi viene da pensare sempre al fatturato. «Sì va tutto bene», rispondo, cercando di togliere mentalmente l’Irpef, l’iva e l’inpgi all’ultimo bonifico che mi è arrivato. Resterà qualcosa?
Ma la vera risposta che dovrei dare è un’altra: «Riesco a camminare. E non mi fermo più al McDonald’s».
Dopo un mese da libero professionista ho comprato uno smart watch per tenere traccia dei miei progressi. Dopo due mesi mi sono avventurato in cantina e ho tirato fuori una bicicletta che non usavo da cinque anni.
Dopo tre mesi ho speso metà del fatturato al Decathlon. Ho comprato pure dei guantini in pelle che credo dovrebbero servire a mantenere più salda la presa sul manubrio, ma a me sembrano usciti da un b-movie a luci rosse. E forse li ho comprati per questo.
Lunedì 12 agosto ho pedalato per 32,68 chilometri, con una frequenza cardiaca media di 150 bpm, bruciando – secondo il mio smart watch – l’equivalente di un hamburger (e non uno di quegli hamburger piatti da un euro, ma almeno un crispy mcBacon) e una coca cola (e non una piccola coca cola zero, ma una grande coca cola con tutto il suo zucchero). Non mettetevi a ridere sportivi veri, per il momento è stato il mio record, e ne vado fiero.
A fine settembre sono andato a farmi un’ecografia all’addome.
«Mi dica, dottore, quanto sono migliorato?».
«A me sembra che non sia cambiato nulla…».
«No davvero, guardi meglio!»
«Sai, per migliorare una steatosi epatica possono servire anni, però tu continua cosi…».
«Lei dottore una soddisfazione non me la darà mai, vero? Che brutto carattere che ha, dottore. Mi spiace per sua moglie».
La dopamina
Insomma, dovendo iniziare ora la nuova stagione della mia newsletter, ho pensato di fare qui un bilancio sul primo mezzo-anno della nuova vita. E, credetemi, non ho trovato un aspetto migliore di questo: adesso ho davvero tempo per pedalare.
Può sembrare poco, ma nella mia vita-di-prima lavoravo così tanto che mi ero dimenticato che si potesse anche vivere.
Mentre pedalo, sfoggiando i miei guantini sadomaso comprati al Decathlon, ho tempo per spegnere completamente il cervello.
E quello che succede è sorprendente: perché i neuroni – che si potrebbero davvero assopire – invece si risvegliano.
Penso di aver letto da qualche parte che sia l’effetto della dopamina che entra in circolo. Ma quello che succede è che abbattere la mia versione sedentaria mi ha reso migliore. Un me stesso uguale uguale, ma mentalmente e intellettualmente più sexy. Ho cercato una definizione migliore, ma forse questa è la più onesta.
Il metro
Ogni persona dovrebbe avere un metro personale, attraverso il quale giudicare la sua vita in un determinato momento, ma in maniera oggettiva. Per qualcuno è il tempo che può investire con i figli. Forse per qualcun altro è semplicemente il saldo del conto in banca, e se a lui sta bene così, chi sono io per giudicare?
Io mi sono reso conto che soffrivo di una forma di alcolismo per il lavoro… lavoralismo. Per stare meglio, avevo bisogno di disintossicarmi. Ci sono riuscito iniziando a camminare e d’ora in avanti il mio metro sarà questo: quanti passi sono riuscito a fare questa settimana?
La legge suprema
Questo non significa che adesso vada tutto bene.
Ho scoperto la “legge suprema del libero professionista”, una sorta di postulato che suona così:
«Se hai più di un cliente, tutte le scadenze si concentreranno in un solo momento, e ognuno inizierà a pretendere qualcosa da te nello stesso preciso istante».
A inizio settembre ho confessato ad un’amica che per la prima volta nella mia nuova vita iniziavo a sentirmi sovrastato dalle scadenze. Lei mi ha risposto in un modo un po’ irrazionale, ma allo stesso tempo molto vero:
«Sai, a volte pensiamo di non riuscire a farcela a fare tutto. Poi però ci riusciamo sempre. È come una magia, ma succede: basta fare una cosa alla volta».
Ancora non so se stesse parlando a me o a sé stessa. Ma aveva ragione.
La filosofia del burrito
Qualche tempo dopo – ovvero due settimane fa – sono tornato a Roma, per la prima volta da quando l’ho lasciata in un modo un po’ brusco.
Durante una cena con alcuni ex colleghi, in uno strano ristorante messicano a Prati dove i burrito hanno il sapore della polenta, ho tirato fuori questo discorso.
Parlando con una persona più esperta di me, che ha iniziato una nuova vita da freelance un anno prima, gli ho chiesto: «Ma tu come fai a non impazzire quando per giorni non ti cerca nessuno, e poi si mettono a chiamarti tutti nello stesso momento?».
«È semplice. Non gli rispondo».
Cosa fare
Qualche giorno dopo sono andato a Napoli e ho camminato a caso lungo via Toledo, mi sono inerpicato poi sui vicoli che ti portano ai quartieri spagnoli e alla città sotterranea, mentre ragazzi di tutte le età cercavano di vendermi dei calzini… cosa hanno i miei calzini che non va, Napoli?
Sulla via dei presepi, fissando le statuette di Cristiano Malgioglio e Renato Zero, ho pensato che quello fosse il posto migliore dove rinsaldare un patto con me stesso.
Nei prossimi mesi, signor Erler, prenditi altro tempo per camminare, per bere del brulè, per vedere delle persone, per innamorarti, per disegnare, per leggere, per ascoltare una canzone, per fermarti, per viaggiare, per giocare a Risiko, per nasconderti in una vecchia trincea, per scrivere un romanzo, per dare un pezzo di pane alle anatre, per suonare la chitarra, per indovinare il parente misterioso di Amadeus, per avere il Covid, per creare qualcosa che non c’era…
e soprattutto… torna a scrivere quella newsletter, quella dell’orso Bruno, perché era di gran lunga il momento più bello della tua settimana!
per questo episodio è tutto,
Bruno torna presto,
Daniele
Daniele, un pezzo tragicomico e necessario nel circuito insensato di scimmiottamenti da hustle, reddito minimo in città respingenti e totale impotenza nella rappresentanza sindacale dei lavoratori fuori categoria. Grazie per averne parlato strappandomi anche diversi sorrisi! In bocca a lupo!
Essere freelance può essere un casino, ma quanto spazio per la vita che c’è adesso. E sì, continua a scriverla la newsletter 😊