Non ci sono più le mezze stagioni
Ho come la sensazione che siamo passati dall'estate all'inverno, per ricadere nel più ritrito dei luoghi comuni. Intanto però su TikTok c'è chi si crea un autunno virtuale (che dura tutto l'anno)
Cari amici dell’orso Bruno,
Ci sono alcune date che rimangono impresse nella storia e una è il 1815, quando i potenti del mondo si sono ritrovati a Vienna prima di Waterloo, per cercare di riportare i confini indietro nel passato, cancellando gli anni delle scorribande napoleoniche. Eppure c’è un fatto di quell’anno che di solito non viene raccontato a scuola: quando un vulcano esplose sull’isola di Sambowa, a 300 chilometri da Bali, riempiendo di cenere il mondo.
Normalmente le eruzioni vulcaniche hanno conseguenze abbastanza limitate sul clima: le grandi quantità di biossido di zolfo che vengono emesse nell’atmosfera diventano aerosol di solfato. Nel giro di poche settimane, le particelle vengono rimosse e non hanno grosse conseguenze climatiche.
Ma può succedere che le particelle raggiungano la stratosfera, a più di 15 chilometri dal suolo, e lì possano sopravvivere per qualche anno. Nell’aprile del 1815 l’eruzione del vulcano Tampora causò un rilascio straordinario di zolfo nella stratosfera.
Mentre il più grande condottiero della storia stava per tramontare, costretto all’esilio in una piccola isola dell’Atlantico, un vulcano tropicale stravolgeva il clima del mondo, con un effetto cinematografico più potente delle falsificazioni storiche di Ridley Scott.
L’anno senza estate
Il primo a vivere un inverno perenne fu proprio Napoleone. Il marchese di Montchenu, che era stato mandato a Sant’Elena come commissario di Luigi XVIII, l’aveva definita «l’isola delle nebbie», per descriverne il clima e le caratteristiche di quel posto scelto come ultimo esilio.
«Bisognerebbe che i pittori dell’Opéra vengano a Sant’Elena quando vorranno darci una rappresentazione precisa dell’inferno», aveva scritto.
Eppure, paradossalmente, anche l’Europa in quegli stessi giorni stava entrando in una stagione fatta di oscurità (e no, non è un modo di dire).
Il 1816 è ancora ricordato come «l’anno senza estate». L’eruzione del vulcano tropicale aveva alterato il clima, abbassando le temperature fra i due e i quattro gradi rispetto alla media, oscurando il sole e aumentando le precipitazioni.
Per le persone normali quello fu un anno di grandi difficoltà economiche, di carestia e morte. Soprattutto nel nord, dove i campi non diedero frutti. Ma per la seconda generazione dei romantici, per gli scrittori e i paesaggisti come William Turner, un anno senza estate deve essere stato il colmo dell’ispirazione.
È stato sicuramente così per Mary Wollstonecraft Godwin, che ancora oggi identifichiamo con il cognome del marito Percy Bysshe Shelley. Lui cercò in tutti i modi di costruire su di sé l’immagine dell’artista «moderno, individualista, anarchico e ribelle», secondo la definizione di Alberto Casadei e Marco Santagata.
Fu espulso dal college per la sua professione di ateismo, lasciò la prima moglie e i figli per Mary, si allontanò dalla famiglia aristocratica, scelse l’esilio volontario in Italia e morì, qualche anno più tardi, annegato nella baia di Lerici, nel golfo di La Spezia.
Nell’anno senza estate, la coppia si trasferì in Svizzera, nei pressi della dimora del poeta-lord George Byron. E lì - rintanati in casa per rifugiarsi dalla pioggia - si sfidarono a scrivere dei racconti di terrore. Mary Shelley scrisse Frankenstein, rinchiudendo all’interno di un libro le atmosfere di un intero anno senza stagioni.
Un’estate lunghissima
Nei mesi scorsi ho pensato molto all’anno senza estate. Nel condominio dove vivo a Roma hanno pensato bene di fare i lavori per l’ecobonus in piena estate. Per rifare la facciata hanno smontato tutti i condizionatori. Lo hanno fatto a metà luglio, in coincidenza con la settimana più calda dell’ultimo secolo.
Il problema è che poi l’estate è continuata fino a settembre inoltrato. Anche a ottobre faceva troppo caldo, a Roma. Mentre mi comprimevano come una sardina in scatoletta dentro a una metro, credo di aver sperato nell’eruzione di qualche vulcano tropicale.
E poi un giorno, mentre le borseggiatrici salivano alla solita fermata della stazione Termini dandomi un senso di ostile quotidianità, credo di aver pensato anche - seriamente - che è proprio vero che non esistono più le mezze stagioni.
Un anno senza autunno
Intanto giovedì ho fatto l’esperienza meravigliosa di attraversare mezza Italia in treno, raggiungendo il Trentino mentre fuori infuriava una tormenta di neve. La sensazione è stata quella di passare direttamente dall’estate all’inverno.
Mentre sognavo un anno senza estate, Dio mi mandava un anno senza autunno. Mi sento depredato della mia stagione preferita.
L’estetica virtuale
Così mi sono immaginato un futuro in cui l’autunno non esisterà più davvero. Lo vivremo solo come esperienza virtuale, con un visore che farà cadere le foglie intorno a noi, il profumo di castagne spruzzato nell’aria e una leggera brezza che esce dai condizionatori.
Il fatto è che l’estetica artificiale dell’autunno è già una realtà nel mondo digitale, in maniera più diffusa di quello che credevo. Un articolo del Time ne rintraccia le origini nelle piattaforme del passato di Internet, come Pinterest e Tumblr. Poi anche su Instagram esiste un filtro che simula le tonalità dell’autunno.
Ma è ovviamente su TikTok che questo fenomeno è diventato più rilevante. Ci sono creator che condividono foto autunnali già a giugno. E così fanno il pieno di estimatori.
Sembra quasi che l’autunno sia diventato l’emblema di una generazione malinconica, nostalgica di un mondo che non esiste e forse un po’ sonnacchiosa. O forse questa è la maschera che le dona tutto questo autunno esibito.
All too well
C’è poi una canzone che è diventata l’inno per chi si riconosce in questa voglia perenne di autunno. Si chiama All too well, è stata incisa nel 2012 da Taylor Swift, ma i veri fan preferiscono una versione estesa diffusa nel 2021 e lunga 10 minuti.
Racconta la fine della storia d’amore con l’attore Jake Gyllenhaal. È il confronto fra i ricordi del passato e la realtà del presente: e cosa c’è di più autunnale della nostalgia?
Autumn leaves falling down like pieces into place /
And I can picture it after all these days
Senza troppe sorprese, il video è un concentrato della stessa estetica autunnale. La protagonista femminile è Sadie Sink, diventata famosa per aver interpretato Max in Stranger Things.
Un utente ha commentato su YouTube: «Sadie sembra l’impersonificazione dell’autunno». Ha preso più di 241mila “mi piace”.
Diventare autunno
Così ieri pomeriggio, mentre mi avvolgevo in una sciarpa e indossavo per la prima volta i guanti, prima di andare a Trento per i mercatini di Natale e per vedere Napoleon al cinema, mi sono detto che piacerebbe anche a me impersonificare l’autunno.
O quanto meno viverlo in maniera mimetica, quasi fisica, resistendo alla tentazione di cedere all’inverno, per credere che le mezze stagioni in fondo esistono ancora, e noi ne siamo immersi - e ancora di più ne siamo espressione - anche quando il clima intorno sembra impazzito.
Per questo episodio è tutto,
Daniele
Ps - una mini bibliografia per questa newsletter, di cose che ho sfogliato mentre scrivevo:
J. Luterbarcher, C. Pfister, The year without summer, Nature Geoscience, vol. 8, aprile 2015;
L. Mascilli Migliorini, “L’isola delle nebbie”, in Napoleone, Roma, Salerno Editrice, p. 426;
A. Casadei, M. Santagata, Manuale di letteratura italiana medievale e moderna, Roma-Bari, Laterza, 2007, pp. 369-372