Il grande problema del Trentino con gli orsi
Un uomo è morto in un bosco, facendo diventare ancora più attuale una questione che in realtà si trascina da anni. E che sta diventando sempre più complessa da risolvere: ecco perché
Cari amici dell’orso Bruno,
per la prima volta da quando esiste questa newsletter, invio un episodio speciale, infrasettimanale e a tarda serata (ma forse lo leggerete al mattino). Il motivo sta tutto in questa introduzione.
Il fatto di essere trentino, e di avere un orso come mascotte (che dà pure il nome alla newsletter), mi costringe ad affrontare un tema di cui vorrei scrivere da un po’, ma che finora ho tenuto sempre nel cassetto. Ormai, però, è diventato di strettissima attualità.
Approfitto di un giorno di ferie per mettermi a scrivere qualche considerazione, sapendo già che non potrò essere del tutto esaustivo. Per questo, qualcuno potrebbe anche criticarmi… Ma a questo serve una newsletter: per introdurre un tema, che poi potrebbe portare ad altri commenti e discussioni virtuali. Se vi va di dirmi che ne pensate, potete farlo premendo sul tasto qui sotto!
Ok, proviamo a rispondere a questa amica che mi ha scritto su WhatsApp.
Ma prima, il solito spot di rito: se siete capitati qui per caso, forse vi andrebbe di sostenermi con una condivisione di questa newsletter. Oppure vi andrebbe di iscrivervi per non perdervi i prossimi episodi!
Convivere con gli orsi
Questa newsletter l'ho scritta dal Trentino: fuori l'aria è fresca, ma non fa freddo come penserebbero i miei colleghi. Non ci sono bambine che corrono dietro a pecorelle, nessuna qui si chiama Heidi. E la mia madrelingua è l'italiano: il tedesco l'ho studiato a scuola e, come tante altre cose, l'ho pressoché dimenticato. Ich kann nur etwas skurril schreiben. Vielleicht.
Questo per dire che ci sono tanti pregiudizi che rendono la mia terra d'origine un posto esotico, per chi non ha vissuto qui. Normalmente queste idee distorte fanno sorridere. Talvolta, anzi, diventano persino un volano di promozione turistica. Come per tutte le leggende metropolitane, scavando sotto la scorza poi si scopre che c'è anche qualcosa di vero.
Eppure, queste stesse idee distorte diventano anche un bel paio di occhiali neri che portano a semplificare tutto, quando succedono certi episodi che fanno uscire questa terra dal suo isolamento. Ed è così che si è diffusa un'idea strampalata, in questi giorni: che tutti i trentini vogliano andare a caccia di orsi. Armarsi di doppietta e sparare a ogni cosa che assomiglia a un plantigrado. Come ogni leggenda metropolitana, c'è anche qualcosa di vero.
Ma aspettate, prendete un attimo di fiato, abbiamo detto che non vogliamo semplificare.
Per non far rumore
Un anno fa, sul finire di maggio, Vasco Rossi ha fatto un concerto a Trento. Gli spettatori sono stati 112mila ed è stato sicuramente un record, per una città che normalmente conta circa 120mila abitanti. Trento è praticamente raddoppiata per una notte.
Come spesso capita per eventi di questa portata, il concerto è stato accompagnato da feroci polemiche. Alcune molto sensate, come ad esempio i dubbi per la sicurezza e per i costi. Altre un po' più legate a dinamiche strettamente locali.
Fra le tante questioni che sono arrivate in consiglio provinciale, una è davvero notevole. Una stimata consigliera di Europa Verde – e non leggetelo con una vena di sarcasmo, che non c'è affatto – si è accorta che la musica troppo alta avrebbe potuto dare fastidio a M49. Ovvero, Vasco Rossi rischiava di disturbare il riposo di un orso. Respiri piano per non far rumore…
La convivenza
Se la si prende molto alla lettera, questa sembra un'altra questione che rischia di far sembrare il Trentino un luogo particolarmente esotico, come dicevo nell'introduzione. E difatti qualcuno sui social l'ha commentata proprio così, come se fosse una barzelletta.
In realtà, la consigliera aveva reso evidente una realtà: la convivenza con gli orsi in Trentino è una questione che, da qualche anno, è sempre di attualità. E riguarda aspetti difficili da immaginare a priori. Mentre altri animali, liberi, avrebbero potuto scappare se fossero stati spaventati dal concerto, M49 era costretto in una prigione.
La storia di M49
La storia di M49 è particolarmente epica. L'orso è stato catturato e rinchiuso in esilio al Casteller, un'area naturale che in effetti è vicina al luogo dove si è esibito Vasco.
La provincia di Trento lo aveva identificato come un orso particolarmente problematico: per questo avrebbe dovuto starsene rinchiuso nella sua prigione di circa 8mila metri quadrati (da condividere con un'altra orsa).
M49 ha però deciso di fuggire e l'impresa gli è riuscita per ben due volte, nel 2019 e nel 2020. Viene naturale empatizzare con questo orso, che cerca in tutti i modi di riconquistare la libertà, sfidando i recinti degli uomini. Questa idea romantica ha contribuito a creare, in certa opinione pubblica nazionale, l'immagine dei trentini-che-odiano-gli-orsi, senza alcuna distinzione fra idee e sensibilità diverse.
Tutto questo accadeva in maniera ancora più naturale fino a qualche giorno fa, finché si poteva dire: da quando l'orso bruno è stato reintrodotto in Italia, non ha mai ucciso un uomo. Ora, però, non è più vero.
Senza confini
Nelle valli del Trentino ci sono paesi che sono un tutt'uno con la natura. Ci possono essere sentieri che ti portano nel bosco. Ma la verità è che non esiste un confine preciso: molti centri abitati si fondono con la natura e può capitare comunemente di trovarsi un capriolo alla porta di casa.
A Caldes, un paese di 1.100 abitanti, e negli altri centri della val di Sole, è altrettanto vero. Questo non significa che gli orsi si siano perfettamente integrati. L'incontro fra uomini e plantigradi è anzi abbastanza raro, e limitato al solo Trentino occidentale. L'aumento degli esemplari ha reso però questa rarità un po' meno improbabile. Secondo i dati della provincia, oggi in Trentino ci sono un centinaio di orsi, in un territorio molto limitato.
Andrea
Così, come molti altri trentini, anche Andrea, che aveva 26 anni, aveva scherzato in passato sull'ipotesi di incontrarne uno. Ma non poteva immaginare che sarebbe finita così.
Mentre si stava allenando, si è imbattuto in un orso (o in un'orsa, magari con i suoi cuccioli). Ed è stato ucciso.
Al condizionale
Al momento, non sappiamo molto altro su quello che è successo. Così viene naturale, per chi difende l'orso, dire che forse quel ragazzo non ha mantenuto il sangue abbastanza freddo o non è stato abbastanza prudente o, forse, ha persino provocato la reazione dell'orso.
Può anche essere vero e probabilmente, se è stato così, non lo sapremo mai. Ma è un'idea che trovo abbastanza squallida da esprimere, sapendo che quel ragazzo è morto. Ha lasciato sola una famiglia e soli i suoi amici. I suoi sogni sono sfumati. Fra qualche ora ci sarà il funerale.
Una vita intera è crollata, non è più al tempo indicativo, è finita nel mondo del condizionale: sarebbe stato bello se quel giorno, invece che andare a correre, avesse deciso all'improvviso di trasferirsi in un appartamento in centro a Milano, dove mica ti capita di finire sbranato da un orso.
Colpevolizzare
Ed è questo, forse soprattutto questo, che sta facendo perdere a qualcuno il senso della vicenda. L'idea che tutte queste aggressioni nascano da un'invasione, fatta dall'uomo nell'ambiente naturale dell'orso.
Anche se fosse vero, il passo ulteriore del ragionamento è inquietante. È la colpevolizzazione della vittima. È l'idea che Andrea, quel giorno, se la sia cercata. Avrebbe dovuto correre sul tapis roulant invece che andare sul monte Peller. Non vi sembra una follia?
Fare l’orso
Eppure ci sono elementi sensati, e sicuramente meno folli, anche nelle tesi animaliste, e non lo scrivo solo perché questa newsletter ha appunto un orso come mascotte.
Perché è senz’altro vero anche questo: che l’orso ha, semplicemente, fatto l’orso. Ha seguito il suo istinto e il suo carattere. In altre parole: la natura ha seguito le leggi della natura, senza sentirsi costretta a fare i conti con l’uomo.
La mia convinzione è quella che accennavo nell'introduzione: la questione è per me troppo complessa e sfaccettata per permettermi di prendere una posizione netta. Accettare di stare nella complessità significa ballare fra le apparenti contraddizioni.
Contraddizioni
Il problema è che le contraddizioni sono la linfa che dà senso a questa storia. Sul finire degli anni Novanta, Life Ursus, un progetto finanziato dall’Unione europea, ha riportato gli orsi nel Trentino occidentale. Sono stati introdotti una decina di individui.
Prima di allora, gli orsi in questa zona erano estinti. L’obiettivo era riuscire a ricreare, fra i venti e quarant’anni dopo, una popolazione di orsi fra i 40 e i 50 individui. Ai tempi, il 70 per cento dei trentini, secondo un sondaggio, era d’accordo con l’operazione.
Vent’anni dopo, il progetto è andato così bene che gli esemplari sono diventati un centinaio. È andato così male che la convivenza degli orsi fra di loro è diventata problematica. Così, sta diventando problematica anche la convivenza con gli uomini. Contraddizioni, appunto.
Niente
La questione è insomma molto complessa, ma l’unica ipotesi impossibile è continuare a fare finta di nulla. E al governo lo sanno benissimo, visto che il tema è stato affrontato, martedì, anche durante il consiglio dei ministri.
Anche perché ora a chiederlo è una madre che ha perso il figlio, e che lo ha scritto nero su bianco in una lettera diffusa nei giorni scorsi:
«Vi chiedo una cosa: non dimenticate. Dobbiamo ridare ad Andrea la sua dignità. Mi rivolgo con questo mio scritto alle autorità della provincia e dello Stato attuali e pregresse perché se è successa questa tragedia, evidentemente forse non è stato fatto tutto quello che poteva essere fatto».
«Eravamo a conoscenza dei fatti accaduti nel tempo ma non ci sono stati grandi interventi per garantire la sicurezza della popolazione».
«Sappiate che noi siamo arrabbiati e indignati. Il sistema ha fatto sì che Andrea diventasse la prima vittima annunciata. Questo va ricercato in una gestione del progetto Ursus che non ha saputo adeguarsi e affrontare l'aumento degli orsi e che non ha ritenuto di agire dopo le molte aggressioni che ci sono state in questi anni. Non è stato fatto niente».
per questo episodio è tutto,
Daniele
Fa bene, Daniele, a sottolineare la complessità di questa situazione. E non solo di questa, in una realtà che banalizza e semplifica tutto. Molte persone si fanno convincere da slogan ripetuti all'infinito.